martedì 31 luglio 2012

Perdere la Fede.

Carissimi,
Arrivo subito al dunque. Ve lo chiedo per favore. Vi imploro. Vi conosco, in parte. Siete troppo intelligenti per cadere nello squallido populismo, nel bieco qualunquismo di cui è ormai prigioniero (e senza via d'uscita), gran parte del giornalismo sportivo italiano.
Lo so. Vi hanno raccontato che Federica Pellegrini ci ha deluso; ha disonorato la Patria e la bandiera, arrivando quinta nei 400sl alla sua terza olimpiade. Vi hanno detto che invece di allenarsi, ha trascorso tutto il suo tempo sotto i riflettori, di fronte alle telecamere, tra le lenzuola di Filippo Magnini. Conoscete a memoria la sequenza cronologica degli allenatori che ha voluto cambiare; per non parlare del fatto che ha osato farsi allenare da un francese (aaaaHHHH!).
Ora, invece, Corrado, a cui il personaggio Pellegrini non sta per nulla simpatico, ma che ha una sorta di dedizione religiosa per la verità (almeno quella sportiva), vi dice come stanno le cose.
Come mai nessuno dei nostri giornalisti, nonostante l'immensa preparazione professionale così spesso sbandierata, ha investito parte del suo prezioso tempo per controllare la tabella dei tempi conseguiti dalla Pellegrini e dalle sue avversarie durante questa ultima stagione agonistica?
Se qualcuno l'avesse fatto, vi avrebbe detto probabilmente che i risultati ottenuti da Federica sono perfettamente in linea con l'andamento stagionale; vi avrebbe detto che Camille Muffat, da quando è scesa in vasca ai trials francesi, ha stabilito il migior crono dell'anno, mai realizzato prima con costumi in tessuto (e l'ha fatto anche nei 200sl, comunque). Vi avrebbe saputo dire che ai trials di Omaha, negli Stati Uniti, Allison Shmitt (seconda classificata, allenata da Bob Bowman - Michael Phelps dice niente?), ha sbaragliato la concorrenza di nuotatrici ben più accreditate di lei.
Come mai nessuno dei nostri giornalisti vi ha ricordato che i 400sl furono praticamente imposti a Federica dal buon Castagnetti (che Dio l'abbia in gloria!), che prevedeva per questa distanza una longevità atletica maggiore rispetto a quella dei 200sl? Perché non vi hanno riportato alla memoria le crisi di panico, gli attacchi d'ansia, i ritiri, le gare sbagliate che su questa distanza la nostra atleta ci ha propinato?
Come mai nessuno ha detto che a Pechino nemmeno si qualificò per la finale, facendo piangere di dispiacere il buon Castagnetti (che Dio continui ad averlo in gloria!), per poi costringerlo a lacrime di gioia la mattina successiva fermando il cronometro a 1'55''45, allora Record Mondiale dei 200sl, addirittura in batteria?
Sarebbe stato brutto sentirselo dire, ma una persona preparata vi avrebbe detto che, stando così i tempi e i modi, Federica non sarebbe potuta salire sul podio.
Chi ha avuto modo di parlarne con me si è sentito dire proprio questa frase.
Ma non si tratta di chiaroveggenza. Né aspiro ad essere il nuovo guru del nuoto. Ma il nuoto è sport che non ammette né permette invenzioni. Se per tutto l'anno fai 4'07'', difficilmente farai 4'01''50 in finale alle Olimpiadi dopo pochi mesi.
Già. Ma allora perché nessuno ha detto niente?
Forse perché in termini di rientri pubblicitari ha venduto di più pompare mediaticamente una Pellegrini che DEVE vincere l'oro rispetto ad una Pellegrini che arriverà con onore solo quinta in una finale olimpica? Forse perché prima di ogni batteria, semifinale, finale italiana vanno in onda spot chilometrici?
Forse perché in terimini di rientri pubblicitari venderà di più  distruggere mediaticamente una Pellegrini che ormai è personaggio televisivo piuttosto che perdere tempo nel redigere un commento equilibrato.
In ogni caso, altra storia sono i 200sl. E oggi pomeriggio, prima che la Pellegrini si prepari, salga sul blocco, si batta il petto e parta, vi posso dire che, avendo 50 euro a disposizione, li punterei sulla sua corsia.
Mi raccomando; siete troppo intelligenti. Pensate. Non ascoltate soltanto.
Come sempre, vi abbraccio.

Dalla segreteria, ore 16:30.

domenica 1 gennaio 2012

New Year's Day

Carissimi,
Non sono qui per scrivere ipocrite frasi sui propositi che ho per questo 2012 (e che finiranno, come tutti i propositi degli anni passati, a lastricare pavimenti all'inferno), né tantomeno per redigere l'elenco di ciò che potrei aspettarmi da questo nuovo anno. Sono abbastanza avvezzo alla vita da sapere che non accade mai ciò che ti aspetti e non ti aspetteresti mai ciò che poi ti accade.
Così, in questo primo giorno di gennaio, sono qui per dedicare qualche pensiero ad una persona.
Ora, dato il fatto che la persona in questione è molto timida, eviterò di nominarla. Sa che parlerò di lei e che a lei mi rivolgerò ogni tanto in questo flusso di pensieri in libertà - che come al solito non ho la più pallida idea di dove mi porteranno. E, ma questo non lo sa ancora, userò molte metafore che mi auguro sappia decifrare (ma visto che si tratta di lei, sono sicuro che capirà di cosa parlo.).
Una cosa è certa.
La persona di cui parlo è speciale.
Ha quel modo non comune di saper costruire là dove gli altri vedono solo materiale vario sparso in disordine; ha quel modo non comune di avvicinare persone che altrimenti si scambierebbero solo un rapido saluto di circostanza; ha quel modo non comune di arginare la stanchezza e dare il meglio ogni qual volta ce ne sia necessità; ha quel modo non comune di vedere le cose prima che possano accadere (beh, chiaro, solo alcune cose, altrimenti qui staremmo parlando di un fenomeno paranormale!). Ma soprattutto, ed è quello che più le invidio, ha quel modo non comune di saper fare sempre le domande giuste, in modo da possedere sempre tutte le informazioni necessarie e poter  tenere il più possibile le situazioni sotto controllo.
Ora, messo giù così, ne esce un ritratto che solo Beatrice sembra esserle superiore. Ho la stessa prescisa idea dei suoi pregi come ce l'ho dei suoi difetti. Ma, come sempre accade con le persone non comuni, direi che posso permettermi di sorridere e sopportarli, ben sapendo quanto trascurabili risultino alla fine dei conti.
Ora... c'era una cosa ben precisa che mi ero ripromesso di dire a questa persona; ed ero anche sicuro che ne avrei avuto tempo e modo. Ma, ahimé, tempo e modo ci furono starppati prima da una serie di impegni che non mi attendevo così serrati, poi da un gruppo di amici che arrivò quando sembrava che finalmente saremmo riusciti a ritagliarci un momento di libertà.
Così non so quanto bene io ricordi frasi lontane nel tempo. Ma...
Ecco...
Tutto quello che volevo dire è...
Non sempre è necessario che qualcosa scatti, che la scintilla si accenda. Non sempre la meta è visibile, all'nizio del sentiero (soprattutto quando il sentiero non sembrava essere quello giusto.). Non sempre siamo in grado di mettere le giuste gambe e la giusta volontà quando si tratta della nostra persona.
Che altro dire?
Forse non era proprio quello che ti aspettavi. Ma...
"Non accade mai ciò che ti aspetti e non ti aspetteresti mai ciò che poi ti accade.".
Grazie per tutto.

Corrado.

P.S.: A casa, ore 17:07 

mercoledì 7 dicembre 2011

Cercando Un Altro Egitto

Carissimi,
Mi dispiace avervi trascurato. Il mio allenatore diceva sempre: "Se hai una buona scusa, NON usarla!", lasciandomi, come sempre, senza parole. Quindi è inutile sciorinare l'elenco dei motivi che mi hanno tenuto lontano dalla "regolare" redazione di questo blog.
Ma, tant'è, uno dei motivi è da ricollegare direttamente al titolo di questo post. E non parlo della canzone di De Gregori del 1974, ovviamente.
Ora, che vi interessi o meno, mi sarebbe piaciuto aggiornarvi in tempo reale delle nostre attività extra-europee, ma il villaggio dove soggiornavamo non era dotato di linea wi-fi (e, sinceramente, non che la cosa mi sia pesata!). Ma, tant'è...
Torniamo indietro. Ci sono 28 persone. La maggior parte di loro ha più di 50 anni. La maggior parte di coloro che ha più di 50 anni non nuota da più di 5. La maggior parte di coloro che non nuota da più di 5 anni, non nuota al mare. La maggior parte di coloro che non nuota al mare, ha paura dell'acqua profonda (o, almeno, più profonda di 1 metro e 80 cm.). Addirittura, tra loro, c'è chi non nuota se non nella nostra vasca del Gerbido.
Ora, queste 28 persone si lasciano convincere da due impavidi sprovveduti a salire su un aereo e raggiungere Marsa Alam (Egitto - Mar Rosso - Non so se mi spiego!), per godere del privilegio di nuotare ammirando la seconda barriera corallina del mondo (arrivare in Australia era un po' troppo per la prima volta...).
Alt. C'è qualcosa che non funziona. O, almeno, non funzionerebbe se gli impavidi sprovveduti non fossero anche completamente fuori di senno. Per fortuna, la loro è una di quelle follie che quasi sempre si accompagnano al genio.
Così, senza pensarci troppo, incuranti del vento, delle onde e delle correnti, aiutati dalla fortuna di avere in gruppo 3 validi aiutanti reclutati sul campo (e loro malgrado!), accompagnano (e in qualche caso "cacciano") in acqua 26 di quelle 28 persone.
Nel mentre, quelle 28 persone diventano un gruppo. Di più. Una squadra. I cui membri si aiutano a vicenda, si spronano a vicenda, ridono delle reciproche difficoltà trovando la forza per superare la paura che (in alcuni casi), li ha sempre inchiodati al terreno.
E tornano con la consapevolezza di aver compiuto (anche a 73 anni), un passo che mai si sarebbero aspettati da loro stessi. La consapevolezza di essere cambiati.
Io ho avuto la fortuna di accompagnare quelle 28 persone. E sono tornato con la consapevolezza che il genere umano, in fondo in fondo, non ha ancora raggiunto gli abissi di degenerazione che mi aspettavo.
Alla fine, questo mi interessava. Non raccontarvi chi avesse fatto cosa e quanto ci fossimo divertiti, o quanto bene avessimo mangiato e quante belle persone avessimo conosciuto.
Vi voglio bene. Corrado.

P.S.: Maestrina... Ti abbraccio. Senza la forza di realizzare i progetti, le idee (per quanto belle) sono inutili.

Al Gerbido. Ore 18:18.

venerdì 21 ottobre 2011

Una di quelle notti.

Carissimi,
È una di quelle notti. Di quelle in cui non riesco ad andare a letto, anche se ormai sono 2 ore che tutto tace ed il buio è rotto solo dall'elettrico baluginare del display del cellulare. Di quelle notti in cui vorrei accendere lo stereo (perché possiedo ancora uno di questi preistorici utensili), alzare il volume tanto da impedirmi di pensare (come dice il Boss in "Something In The Night") ed abbandonarmi alla tempesta che sta per scatenarsi.
È una di quelle notti in cui vorrei essere su un palco e suonare tanto da sfinirmi, finire con i polpastrelli in fiamme, il polso insensibile e la gola straziata per quanto ho urlato. Una di quelle notti in cui mi piacerebbe essere dietro il volante e srotolare un nastro di asfalto infinito, senza una meta precisa; forse solo per arrivare davanti alla casa di un vecchio amico che tempo fa ha deciso di chiudere con tutti coloro che gli ricordavano un passato che non sentiva più suo. Così, solo per abbracciarlo e chiedergli come va. Solo perché ogni tanto fa bene sapere che là fuori, lontano non solo nello spazio ma anche nel tempo, c'è chi sa dove affondano le tue radici; ciò che ti ha reso così come sei; ciò che Mi ha reso così come Sono,
È una di quelle notti in cui vorrei ancora essere in vasca. Salire sul blocco. Sentire la plastica blu piegarsi e gemere sotto il mio peso, mentre mi chino per afferrare l'acciaio prima dello slancio. Vivere l'effimera ebbrezza dell'istante in cui stai volando, non più terra e non ancora acqua. E poi l'immersione, la pressione che si fa tuono nelle orecchie, mentre un meccanismo ormai naturale spinge aria fuori dai polmoni; le gambe attaccano la loro danza rituale; le braccia serrate a cercare un assetto anfibio; e finalmente il miracolo del corpo che rompe la superficie, la mano che affonda a cercare l'appoggio, il busto che ruota preciso ad accompagnare la bocca a cercare nuova aria da consumare, in un ciclo continuo... Come le onde del mare.
Anni fa avrei anche scritto che è una di quelle notti in cui vorrei andare a letto stanco. Ma felice. Perché la mia famiglia dorme con me. Anni fa non sapevo che avrei potuto vivere questo istante. E dire che... Sì. È quella notte, questa notte.
Vi abbraccio.

Corrado.

P.S.: A casa, dal cellulare, ore 2:09.

giovedì 20 ottobre 2011

Una Vita Da Mediano

Carissimi,
Non c'è bisogno di presentazioni; il titolo cita l'ultima bella canzone scritta da Ligabue. Sì, lo so. In giro è pieno di fans pronti ad accoltellarmi per questa affermazione. Ma, come dico spesso, c'è differenza tra "saper fare" un bel disco (usando l'esperienza ed il mestiere), e "fare" un grande disco (usando l'ispirazione ed il talento). Succede a tutti gli artisti; anche ai poeti. Benedetto Croce inseriva solo l'Inferno di Dante nella categoria della poesia pura, figuriamoci. Ovviamente, andando a memoria, posso sbagliarmi.
Ma proprio di memoria vorrei parlare. Ieri sera me ne stavo tranquillo in segreteria ad organizzare il vostro futuro sportivo (senza esagerare, eh), quando dalla radio è partito proprio il pezzo citato nel titolo. La musica, come gli odori (ricordate la Madeleine di Proust all'inizio di "Dalla Parte di Swan"?), ha questo straordinario e al tempo stesso ignobile potere di portarti a spasso nel tempo. Ed io, di colpo, mi sono ritrovato a pensare a quando ascoltai questa canzone nel 1999. Stavamo partendo per il ritiro pre-campionato con la squadra di basket in cui giocavo allora. Sarebbe stato il nostro primo campionato in serie D.
Per me, che arrivavo dal nuoto e non avevo un passato giovanile nella pallacanestro, quelle parole furono una folgorazione. Insomma. Era vero. Avevo cominciato sui campetti solo 3 anni prima. Ma faticando ed allenandomi ero riuscito a guadagnare il mio posto in squadra e nel quintetto base, grazie anche all'immenso fiato che la mia vita precedente da nuotatore mi aveva donato. Ed era tutto vero. Giocavo in un ruolo dove spesso si ingaggiano battaglie fisiche con giocatori alti e pesanti. Ma da nessuna di quelle battaglie, anche quando uscivamo sconfitti, mi ero tirato indietro. Questa per me era l'essenza del gioco di squadra. Uscire dal campo con l'idea che gli altri avessero vinto perché più forti.
Poi, crescendo, mi sono accorto che forse il campo era un po' più grande di quello che credevo. E che di mediani, in fondo, ce n'erano ovunque. Perché devi riuscire a finire il lavoro che ti hanno richiesto (e che danno per scontato che tu farai, e magari senza ringraziarti o pagandoti in ritardo); perché devi arrivare in tempo dall'altra parte della città sapendo che la tua assenza può causare problemi ad altri; ma soprattutto perché senza gli altri mediani come te, alla fine, solo con i centravanti è difficile vincere una partita.
Ma, per fortuna, ogni tanto, le nostre vittorie le portiamo a casa.
Vi abbraccio.

P.S.: In vasca al Gerbido, ore 13:02 e in ritardo per entrare in sala pesi!!!!

giovedì 29 settembre 2011

Come Vedo Il Nuoto - parte 1

Carissimi,
Il mese di settembre volge al termine. Un mese caldo, come fosse ancora estate. Un mese strano, fatto dell'aroma di un qualcosa non ancora finito ed allo stesso tempo del profumo di qualcosa che deve ancora cominciare.
Un mese fatto di incontri con amici che mi fanno compagnia da anni, ma fatto anche di facce nuove che presto diverranno amici.
Perché alla fine, l'essenza di questo strano lavoro, consiste sì nell'insegnare, nel trasmettere un sorta di conoscenza che permetta di impadronirsi di una "tecnica" che permetta alle persone di spostare il proprio corpo nell'ambiente "acqua"; ma consiste anche e soprattutto (parafrasando Bruce Springsteen), nel dare alle persone qualcosa che nessun denaro potrà mai comprare. E la vera ricompensa non consiste solo nello stipendio che, per carità, è fondamentale per permettere a me (come a tutti), di vivere in modo dignitoso; ma consiste soprattutto nella consapevolezza di aver contribuito a migliorare le altre persone. Perché a volte, per fortuna spesso,  mi capita di arrivare a casa felice di aver reso felice qualcun altro.
Perché per qualcuno, il gesto che a molti sembra così semplice di mettere la testa sott'acqua e provare la dolce sensazione del galleggiamento, rappresenta il successo di una vita, la fine di un lungo lavoro che coinvolge la razionalità e l'irrazionalità e, allo stesso tempo, il punto di partenza di un viaggio che accompagna le persone alla scoperta di un pianeta dove tutte le leggi che valgono sulla Terra, sono stravolte; un pianeta fatto di paradossi, dove per andare veloce spesso è necessario andare piano; dove per poter riuscire a respirare meglio, a volte devi imparare a restare più a lungo del solito in apnea.
Ma questa, è un'altra storia.

Vi abbraccio.

Corrado.

P.S.: A casa - 22.44

martedì 20 settembre 2011

Ventilazione! (De Rerum Italiae)

Carissimi,
Sono alcuni giorni che non riesco a togliermi dalla testa questa canzone di Ivano Fossati. So che mi dovrei astenere da giudizi che esulano dal campo sportivo, ma in alcuni periodi - e questo è uno di QUEI periodi - mi sento demoralizzato e disgustato a tal punto che mi è quasi impossibile non schierarmi. Ma, come spesso mi è accaduto di fare, preferisco che artisti migliori di me - e che probabilmente hanno vissuto lo stesso disagio trasformandolo in creazione - parlino per me. Come succedeva ad Hendrix, che diceva che le canzoni scritte da Bob Dylan erano le stesse che avrebbe voluto scrivere lui, ma che semplicemente Dylan riusciva a scrivere prima (se non ricordo male parlando proprio di "All Along The Watchtower"), anche io trovo alcune canzoni portatrici di un messaggio talente universale (almeno per me in quel momento), che non potrei esprimermi con altre parole se non con quelle. Un po' quello che Borges diceva del "Don Chisciotte" di Cervantes: "L'unico modo per riscriverlo, sarebbe riscriverlo esattamente uguale parola per parola".
Così, in questo tiepido pomeriggio, quando mi sembra che tutti ci stiano spingendo sulla crosta sempre più sottile di un lago ghiacciato, quando mi sembra che molte delle cose per cui ho combattuto siano già pronte per essermi portate via, quando penso a tutte queste cose... beh, sento un gran bisogno di aria pura.
Questa è per tutti quelli che sentono il mio stesso bisogno.



P.S.: A casa. Ore 16:35.